Non si può pensare di cristallizzare il tempo. L’eterno fluire delle cose è alla base della bellezza e dell’imprevedibilità della vita. Ed è proprio il continuo divenire della realtà mutevole a dare la speranza di cambiamento nei momenti difficili e la consapevolezza di godersi la gioia nei momenti belli, ma inevitabilmente sfuggenti.
Questi pensieri di bassa filosofia spicciola possono tranquillamente applicarsi a tutto quello che è successo nell’ultimo anno a Bari, sportivamente parlando. Una squadra giovane e promettente, ma con molte incognite e non costruita per vincere, almeno inizialmente. Un allenatore emergente ed ambizioso, con un carattere forte, spigoloso e con attributi da uomo vero. Un pubblico moderatamente fiducioso con picchi di estremo pessimismo pronti ad esplodere in coincidenza dei primi risultati negativi. Il miracolo che pian piano si compie. I tifosi, strabiliati, assistono alla crescita costante di un gruppo coeso e motivato, che abbina la qualità alla quantità. Un gioco spettacolare raramente visto a Bari, un elettroshock per la depressione cronica in cui il pubblico biancorosso era caduto, senza speranze di guarigione. I giocatori amati tutti, indistintamente. Dal meno dotato tecnicamente alla punta di diamante. La città diventa tutt’uno con la formazione che la rappresenta in una fusione panica che pervade ogni istante ed ogni passo della giornata. Si torna ad essere orgogliosi di essere baresi, non per slogan ma per la soddisfazione di incantare l’Italia, mettendo in mostra un 4-4-2 offensivo da fare invidia anche alle squadre di serie A.
Una città letteralmente innamorata della sua squadra non può pensare di perdere i protagonisti della cavalcata trionfale attesa 8 lunghi anni. Il cuore e la passionalità si scontrano con il raziocinio di scelte dolorose, ma indispensabili per la crescita tecnica della rosa in vista della serie A. Ogni tifoso ha il suo beniamino che, a ragione, ritiene si sia meritato il palcoscenico del massimo campionato.
Ma i dirigenti devono ragionare senza lasciar spazio ai sentimenti. Prima Conte e poi Ventura chiedono rinforzi adeguati e avallano determinate cessioni. È l’eterno divenire che non si può fermare.
Caputo viene ceduto in prestito con diritto di riscatto alla Salernitana. Si, proprio lui, il giovane altamurano che ha stupito tutti con i suoi 10 goal, prendendo per mano il Bari nel periodo più difficile di fine 2008.
Esposito si trasferisce a titolo definitivo al Mantova tra la sorpresa dei tifosi biancorossi. Parabola di un “brutto anatroccolo” trasformatosi in cigno grazie a prestazioni di costante alto livello nella stagione scorsa.
Galasso va in prestito alla Salernitana. Vero idolo della tifoseria che lo ha incitato, sostenuto e coccolato (i quotidiani attestati di stima sul social network Facebook ne sono la prova lampante) nel corso di una stagione travagliata sia punto di vista fisico che da quello tecnico-tattico.
A loro si aggiungono le cessioni degli oggetti misteriosi Doumbià ed Edusei, la naturale fine del rapporto contrattuale con Bianco, Guberti, Lanzafame e Santoni, la mancata convocazione per il ritiro di Ridanna di Colombo e Bonomi. Probabilmente altri protagonisti dello scorso anno verranno ceduti prima della chiusura del mercato.
Quella squadra che ha fatto tornare la voglia di gioire e soffrire per il Bari è stata disgregata. Ma di certo non verrà dimenticata. I protagonisti della scorsa annata rimarranno per sempre nella memoria dei tifosi. Tutti, nessuno escluso. Se l’eterno scorrere non si può fermare, i ricordi si possono conservare. Un'emozione così forte rimane dentro il cuore per tutta la vita. "Grazie di tutto ragazzi!" è il commento unanime della piazza barese.
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