Come quel Bari-Ancona del 2008 targato Conte. O come quel Chievo-Bari del 2009 targato Ventura. Il primo in serie B, il secondo in serie A, in rapida successione di stagioni indimenticabili. Identico risultato (2-1), identica sofferenza nei minuti finali, identica conclusione: vittoria sofferta, di carattere, di cuore. Prima bel gioco, poi trincea, la paura, palloni che attraversano pericolosamente l’area biancorossa e giocatori tesi come corde di violino fino al tripudio finale. Il triplice fischio. La gioia. Gli abbracci. In campo e sugli spalti. La festa. Il trenino. La foto di gruppo di rito scattata dall’uomo spogliatoio Borghese. Chiamare e ricevere il calore di tutto lo stadio, che sia un goal, un contrasto o un calcio d’angolo conquistato. Quella voglia di gridare al mondo "siamo tornati". Bari-Pro Vercelli è tutto questo ma non solo.
La tifoseria cerca punti di contatto con il recente felice passato. Intravede in questo primo scorcio di stagione una squadra con le stimmate vincenti. Lo pensa, lo dice, lo scrive a caldo sui social network, sui forum, in qualsiasi altro posto, virtuale o reale, dove tornare a condividere passioni ed emozioni proprio come nei momenti migliori. A mente fredda, però, i piedi tornano ben piantati per terra. Un po’ come ripete a menadito Torrente ai giornalisti: "Godiamoci il momento ma ricordiamo che il nostro obiettivo è la salvezza". Il tifoso vorrebbe spiccare il volo con la fantasia e sperare di ripetere quelle cavalcate, per molti versi inaspettate, di Conte e del primo Ventura.
Però c’è una spada di damocle che pende sul campionato dei biancorossi ed è sempre lì, al fianco del nome Bari in classifica, a ricordarlo. La penalizzazione. Il passato non si può cancellare né deve essere dimenticato. Il Bari è al secondo posto virtuale con 14 punti. Si, virtuale. Perché la realtà dice che i biancorossi sono a quota 7 punti, in piena zona play off. Impossibile da immaginare a fine agosto quando si è partiti dal fondo della classifica con il vergognoso fardello della vicenda calcioscommesse sulle spalle.
Ma questo gruppo paga una serie di colpe non sue. Sconta le inadempienze amministrative della società, che hanno caratterizzato il 2011/2012 in una umiliante via Crucis di mancati pagamenti, ora degli stipendi ora delle tasse. Sconta i magheggi di un manipolo di giocatori dediti all’alterazione fraudolenta dei risultati sportivi e al guadagno personale in barba al già lauto stipendio, ai colori della maglia e all’onore di una città intera.
Si dice di noi italiani che siamo maestri nell’arte di arrangiarci, nel superare, uscire rafforzati e tirare fuori il meglio dalle situazioni negative. Forse, chissà, anche questo aspetto prettamente psicologico ha avuto un peso specifico rilevante in questa partenza sprint. Le prove di Benevento e Perugia facevano presagire il peggio, il morale dell’ambiente tendeva al meno infinito in un vortice depressivo senza fine.
Va dato atto a Torrente di aver compattato il gruppo e tirato avanti per la propria strada. Ha sviluppato due moduli distinti di gioco (3-4-3/4-3-3) con cui affrontare avversari con caratteristiche diverse. Ha consegnato le chiavi della squadra a Bellomo, responsabilizzando e motivando il giovane talento di Bari vecchia dopo una stagione con molti bassi e pochi alti. Ha lavorato su quel poco che la società (in autogestione, ma per quanto?) gli ha messo a disposizione senza lamentarsi. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. I biancorossi vincono e convincono. Con una evoluzione netta del gioco rispetto allo scorso anno. I terzini non hanno paura di scendere sulla fascia, anche contemporaneamente. Il centrocampo è ricco di qualità, gli attaccanti corrono e lavorano per i compagni con Iunco splendido uomo ovunque, non solo punta ma anche suggeritore, interditore, costruttore di gioco.
Ma di questo Bari stupisce soprattutto la grinta. Ad un passo dalla sconfitta a Varese e Crotone, alle corde contro la Pro Vercelli. Non si può parlare solo di fortuna se, per tre volte di seguito, i biancorossi sono usciti dal campo con il miglior risultato possibile a disposizione nei concitati minuti finali. C’è qualcosa che va oltre ed è insito nello spirito di questi ragazzi, rafforzato dal ritiro di Alfedena e dalla consapevolezza di dover combattere contro avversari, giudice sportivo e sfiducia generalizzata. Merito, forse, anche di una condizione atletica migliore rispetto agli stessi periodi degli anni scorsi oppure, più semplicemente, mirata a partire forte per annullare la penalizzazione. Pochi parlano del nuovo preparatore atletico Romano Mengoni, fedele collaboratore di Torrente fin dai tempi di Gubbio, seppur il frutto del suo lavoro sia sotto gli occhi di tutti. Il tempo ci darà più certezze sulla tenuta atletica e sulla solidità dei biancorossi che andrà testata negli inevitabili periodi di magra.
Intanto la "garra" di Caputo & co. piace da impazzire ai tifosi. Prima sfiduciati, ora gasati. Nessuno chiede i play off, tutti esigono di poter tornare a credere nell’impegno dei protagonisti che scendono in campo. I risultati, inutile nasconderlo, sono la medicina necessaria per il riavvicinamento della città alla propria squadra. E l’esodo verso Andria ha segnato un passo decisivo in tal senso. La gente è tornata a seguire il Bari, a parlare del Bari e ad attendere con impazienza il giorno della partita. Il passato, di certo, non si dimentica ma può essere riscattato. La catarsi: questo il compito che la storia ultracentenaria biancorossa affida ai ragazzi di Torrente.
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