“I potenziali acquirenti? Hanno cercato di raggiungere un obiettivo più grande di loro”. Spiega così Antonio Matarrese il naufragio dell'ennesima trattativa per l'acquisizione del Bari Calcio, prima che l'avvocato Francesco Biga svisceri le condizioni proposte nell'ormai famosa seconda bozza di preliminare. In totale, due ore e mezza di conferenza stampa per spiegare, puntualizzare, ribadire la volontà di vendere, e non svendere, la società biancorossa.
Il primo tempo (letteralmente, quarantacinque minuti di fila) è tutto di Matarrese: “La tifoseria adotta subito chi dice di voler fare il presidente del Bari e che ha poi finito col divertirsi alle sue spalle: gente che veniva dall'America, gente che veniva dalla Francia, aziende che giravano l'Italia con nomi strani... Stavolta, però, ci ho creduto anche io, ho voluto anche io inseguire il sogno di uscire. E questo sogno l'ho inseguito anche io con determinazione, incontrandomi più volte con Rapullino e Montemurro, quello che avete definito – dice rivolgendosi ai giornalisti – “presidente-tifoso” quando non era ancora presidente... Chissà se lo è stato anche mio fratello, che il presidente lo ha fatto per così tanti anni...”
E poi riannoda la pellicola di un film dal finale ormai noto ma dalla sceneggiatura ancora oscura: “Si è partiti da un presunto comitato di salute pubblica, incontrato nella sala consiliare del comune: si convenne che chiunque voleva entrare nel Bari doveva pagare un valore. Poi, dal movimento tsunami, mi viene comunicato di aver trovato un acquirente per il Bari. Il primo incontro si è svolto il 18 giugno nello studio Giura: dopo un inizio un po' agitato, sono arrivato ed ho aperto un clima di collaborazione. Io stesso assicurai Montemurro: “Sono qui per accompagnarti in Lega, devo tanto a questa città che mi ha dato tanto e nessuno deve fare male al Bari”.
L'incontro di Montemurro con Torrente, avvenuto nello stesso albergo che ospita la conferenza, è quello che Matarrese definisce il “primo errore”, superato a parole ma rimasto sullo sfondo come una sorta di “peccato originale”: “Ero talmente sicuro che l'operazione sarebbe andata avanti che ho invitato gli acquirenti a casa mia, come segno di grande fiducia. Non uno ma due incontri. Avevo persino chiesto a Montemurro, uno che nel Bari non era, non è e non sarà nessuno, il consenso sulla scelta di Gautieri... Rapullino mi parlava di tre banche già pronte e di necessità di chiudere in 48 ore ma segnali di conclusioni non arrivavano. Da qui, l'ultimo avviso ai naviganti, il cosìdetto ultimatum: o si chiudeva il 16 luglio o non si sarebbe fatto più niente. Rapullino si è fatto sentire da Napoli e poi è arrivato il preliminare: nessun acconto e pagamento in 10 anni. Voi non sapete quanto mi abbia dato fastidio che le persone che ho invitato a casa abbiano voluto raggiungere un obiettivo più grande di loro”. Anche grazie ai giornalisti: “Loro hanno sognato, perchè li avete fatti sognare voi inebriando Montemurro, il presidente-tifoso, mentre mio fratello era il presidente pagante... Abbiamo superato il momento più terribile quello del calcioscommesse, mettendoci la faccia ed evitando la catastrofe. Quest'anno abbiamo messo nelle casse de Bari 12 milioni di euro, 2 dei quali per iscrivere la squadra al campionato: se non ci fosse stata nemmeno la B, avreste scritto di Lega Pro o di dilettanti, sareste andati in giro per i paesini...”. Infine, le credenziali per sedersi al tavolo: “La conoscenza nel mondo del calcio, la capacità finanziarie, le garanzie. Non si possono fare le nozze con i fichi secchi”. Più tardi, Matarrese preciserà ulterioremente il concetto: “Serve un forte senso di fiducia negoziale. Noi non siamo più credibili agli occhi della tifoseria. Ecco perchè invocavo l'intervento del sindaco”. Infine, sull'immediato futuro: “Se necessario, venderemo i giocatori, perchè soldi nel Bari non ne metteremo più: dobbiamo salvare le aziende”.
Finisce Matarrese e qualche telecamera va via. Ma è con le parole di Biga si apprende di più su quelle condizioni che erano state definite “inaccettabili ed addirittura offensive”, nel durissimo comunicato di una trattativa durata 74 giorni: “Un tempo sufficiente per offire la propria disponibilità – precisa, concentrandosi poi sulla fase cruciale del rapporto con gli acquirenti – Il 5 luglio c'è stato l'invio del preliminare, che ci è stato rimandato il 10, con modifiche su aspetti secondari. Ci saremmo dovuti vedere il 12 ma quell'appuntamento non c'è mai stato. Ed anche l'offerta di undici milioni e mezzo è stata sempre verbale. Alla fine, abbiamo chiesto che entro il 15 ci fossero chiarite due cose: l'importo dell'acconto e le garanzie da offrire a fronte di una lunga rateizzazione. Il 16 luglio, invece, ci arriva la seconda bozza di preliminare: nessun acconto al momento della sottoscrizione dello stesso, nessuna precisazione sui tempi di dilazione del pagamento, nessun riconoscimento di interessi. In più, ci venivano richieste la gestione sportiva ed ordinaria, la maggioranza nel consiglio di amministrazione, il rispetto da parte del gruppo uscente dei paramentri di bilancio. Ed in più, in caso di retrocessione in Lega Pro, il contratto sarebbe saltato e non sarebbe stato coperto l'eventuale disavanzo di gestione, nonostante la disponibilità del tesoretto di sei milioni e mezzo, costituito dai proventi televisivi e dal corrispettivo per la cessione di Bellomo”.
Tutto nero su bianco, secondo Biga, con riserva di distribuire copia del preliminare in caso di smentita della controparte. Quella stessa copia che il legale agita più volte durante il suo discorso, quasi a voler dare ulteriore sostegno alle sue argomentazioni. Quindi, una serie di interrogativi tutti riconducibili ad un paio: “Chi è che voleva comprare e chi è che non voleva vendere?”. La risposta di Montemurro e Rapullino fra un paio di giorni, presumibilmente dallo stesso tavolo cui erano seduti ieri Matarrese e Biga.
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