Un manager abituato a scovare talenti in giro per il mondo e creare robuste plusvalenze per i propri club. L’identikit di Stefano Antonelli, futuro ds del Bari, è in linea con il nuovo corso della società biancorossa che si spinge sempre più verso il modello Udinese, società nella quale, non a caso, il dirigente romano ha completato la propria formazione dirigenziale. Fino a dieci anni fa, infatti, Antonelli è procuratore di calciatori ed agente Fifa. Entra nel grande giro curando gli interessi dell’amico Di Matteo nel passaggio dalla Lazio, squadra di cui è tifoso, al Chelsea. Poi, tra gli altri, assiste Muzzi, Quagliarella, Grosso e Muntari.
Dopo una collaborazione con l'Ascoli, nel 2007 è Cairo a chiamarlo al Torino per affidargli la carica di amministratore delegato. È questo il momento in cui Antonelli inizia a maturare l’aspirazione dirigenziale che si rafforza negli anni di Udine, dal 2008 al 2012. La struttura organizzativa della società friulana lo pone nelle migliori condizioni per raffinare la metodologia di lavoro, come dimostra il colpo Inler, prelevato dallo Zurigo per 1 milione di euro e rivenduto per 15 milioni.
Nel 2009 consegue a pieni voti l’abilitazione da direttore sportivo al corso federale di Coverciano. Si ispira a Giovanni Sartori e Pierpaolo Marino, ds famosi nel lanciare e valorizzare i giovani.
Nel giugno 2012 la prima vera esperienza nel nuovo ruolo nel Siena di Mezzaroma, con cui firma un triennale: il difensore portoghese Neto e l'attaccante svizzero Emeghara i fiori all’occhiello delle sue campagne acquisti. I problemi della società toscana portano alla fine anticipata del rapporto contrattuale e all’inizio dell’avventura con la FC Bari 1908 di Paparesta.
Si definisce un dentista mancato e afferma di intrattenere ottimi rapporti con la stampa. In Puglia dovrà mettere subito a disposizione dei biancorossi il suo know how di tutto rispetto nell’organizzazione e nella gestione del mercato.
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