Il profilo dell’attaccante norvegese tracciato da Alec Cordolcini, collaboratore del Guerin Sportivo ed esperto del calcio del Nord Europa.
È il secondo norvegese della storia del Bari ma dello stereotipo dell’ariete scandinavo ha poco, quasi nulla. Figlio d'arte -papà Ingvald ha giocato nel Brann negli anni Settanta- fino al due anni fa Erik Huseklepp era il classico talentino inespresso in quanto troppo... frivolo. Una partita da campione seguita da tre settimane di scarsa vena, e così via. Emblematico l’esordio da titolare con la maglia del Brann, nel 2005 contro il Fredrikstad, che lo vide a segno dopo soli 19 secondi. Poi, però, per due anni, a riprova di un rendimento incostante, non ha visto più la porta.
Almeno fino a quando sulla panchina del Brann è arrivato l'ex milanista Nielsen, che gli ha confezionato addosso il ruolo più congeniale alle sue caratteristiche. Non più ala sinistra ma punta centrale, e l'incompiuto è definitivamente maturato.
In doppia cifra nelle ultime due stagioni (prima di queste, mai), per due anni consecutivi nella top ten della Tippeliga, ingresso nel giro del nazionale, maglia da titolare a partire dal 2009.
La giusta collocazione tattica? Non certo al centro dell’area avversaria, a far da torre e a “spizzare” palloni. Molto meglio come seconda punta in un 4-4-2, con la possibilità di partire qualche metro più indietro, in modo da poter sfruttare la sua arma migliore, il tiro. Magari di destro, che Huseklepp vanta secco e tagliente. Ciò non vuol dire che non possa giocare prima punta -in nazionale gioca spesso nel ruolo di Carew- ma rende meglio accanto ad un attaccante che dia profondità e gli apra spazi.
Oggi il momento è quello giusto per un'esperienza all'estero. Non è un fuoriclasse ma ha dei numeri. E sembra proprio che abbia imparato cosa significhi esercitare la professione di calciatore.
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