Questo momento, prima o poi, doveva arrivare. Ed è arrivato il giorno prima della Santa Pasqua, forse uno strano segno del destino poiché, nell'ambito liturgico, questa data segna la risurrezione di Gesù. La retrocessione dei biancorossi è storia ormai arcinota da diversi mesi, mancava solo la parola fine ad un campionato ricco di punti interrogativi, domande senza risposte, episodi inspiegabili e tanto tanto vociare alternativo che ha distolto gli addetti ai lavori da quello che è, principalmente, il lavoro quotidiano di una società sportiva.
Il Bari, dopo soli due anni, ripiomba nell'inferno della serie B e la cosa che lascia tanta amarezza in bocca è la straordinaria continuità di risultati negativi che non l'hanno mai fatta sperare che qualcosa si potesse aggiustare: una discesa verticale che non ha conosciuto ostacoli o sussulti di orgoglio, fasi lucide o motivazioni forti.
È la sconfitta di tutti, nessuno escluso: dalla società che ha preso sottogamba la programmazione di un campionato difficile come la serie A (visto anche il precedente concluso a livelli sopra la norma della storia centenaria dei biancorossi) ai reali protagonisti in campo, apparsi più di una volta svogliati, bloccati mentalmente, inadatti ad un palcoscenico prestigioso ed oltremodo rinunciatari.
Ma è anche la sconfitta del popolo barese, che tanto si è esaltato seguendo le gesta dei propri beniamini nella passata stagione, tanto è rimasto a guardare il lento declino della squadra pugliese, quasi impotente di fronte a tanto scempio e alla mancanza di segnali da parte di giocatori e società.
Ed è anche l'anno che verrà ricordato per i tanti infortuni che hanno caratterizzato il girone d'andata: da Ghezzal a Salvatore Masiello, da Barreto ad Almiron, passando per Kutuzov e Parisi. Se è pur vero che non possono essere messe in preventivo tante defezioni contemporanee, non si può far finta di nulla quando c'è la possibilità di rimediare ad una situazione paradossale (leggasi mercato di riparazione): ed invece tutto sembrava già scritto, con Ventura che continuava a vedere segni di risveglio nello spogliatoio (!?) ma con il Bari che colava a picco. E l'intervento di Mutti, a giochi già ampiamente fatti, è risultato quantomai tardivo ed inutile, buono solo per frenare l'emorragia di sconfitte consecutive.
In città le domande sono sempre le stesse: che fine hanno fatto Barreto e Salvatore Masiello? Perché Almiron non riesce più a muovere un passo in mezzo al campo e sembra ricoperto da una zavorra ogni volta che scende sul rettangolo verde? Perché nessuno della società ha spiegato i motivi di un declino così diretto ed inarrestabile?
Domande che, probabilmente, non avranno mai risposta. Ora si gioca la partita più importante: capire cosa ne sarà del Bari che verrà. Gli investitori dopo un'impennata in avvio sembrano aver tirato il freno, spaventati dal debito contratto dall'attuale società. I tifosi sperano in un cambiamento che possa ridare serenità all'ambiente ma molti credono che questa soluzione, seppur segni un cambio al timone, non possa essere la chiave definitiva per un futuro più roseo.
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