Chissà se la periodica tiratina d’orecchie, dopo giocatori, presidenti e allenatori, gli arriverà stavolta dall’ufficio stampa della nazionale. Giocava per la prima volta in azzurro nella sua Bari, Antonio Cassano, e per giunta con la fascia di capitano al braccio, recapitatagli da Buffon per competenza territoriale. In molti, soprattutto fra i cronisti locali, avrebbero voluto registrarne le emozioni, le battute dissacranti, le verità a mezza bocca. Invece lui niente: dopo il lungo siparietto nel grembo istituzionale di Mamma Rai, ha tirato dritto davanti alle tante braccia tese in mixed zone, lasciando di sé solo la traccia sul campo. Golosa ed abbondante, come spesso gli capita, ma non così decisa come lui per primo avrebbe voluto per i cinquantamila del San Nicola: due anni fa, lungo la strada per Sudafrica 2010, glieli negò Lippi, ieri sera glieli ha restituiti Prandelli, uno che spera ancora di cavarne un campione di incidenza assoluta.
Uno stadio tutto per lui, finalmente, come nella famosa notte del gol all’Inter, sgarro di un 17enne tutto pedicelli e sregolatezza. E’ partita da lì una carriera ricca più di maglie blasonate e di altrettante promesse mai compiutamente mantenute, che di trofei. La sua partita di ieri le assomiglia parecchio: molti buoni propositi, incoraggiati pure dal dialogo arrapante con Rossi, poca precisione, nonostante le tante conclusioni dirette verso la porta spagnola. Eppure, una minaccia costante, per i campioni del mondo, fra frizzi e svolazzi: dopo quindici secondi è già a terra, toccato duro da Xabi Alonso, giusto per far capire che non di solo palleggio vive la Spagna. E’ una spremuta di Cassano quella che ci si beve nei sessanta minuti successivi: nel tacco al 9’ che non trova proseliti, nel duello con Albiol un minuto dopo, nel rigore reclamato (preferito ad un tiro a botta sicura) al 16’, dopo l’ennesimo duetto con Pepito. La fine del tempo, dopo il pareggio degli iberici, potrebbe finalmente regalargli il gol ma in porta c’è Casillas, mica uno qualsiasi.
La musica, per la verità, non cambia neppure dopo l’intervallo, quando fra i pali avversari si affaccia Valdes: altro giro di valzer, altro tiro centrale, piuttosto telefonato. Un facile assist sbagliato per troppa precipitazione è la spia della riserva che s’accende. Dura un’ora la sua esibizione: la gente si alza in piedi e lo stadio pare venire giù dagli applausi, lui ricambia più volte. Arrivederci, sì. Ma a quando, ora che il Bari è retrocesso e non si sa ancora quanta voglia abbia di risalire? Meglio affidarsi a Prandelli e alla sua briglia allentata, sperando abbia trovato l’alchimia per ricavarne finalmente un fuoriclasse, negli ultimi anni buoni della carriera di Fantantonio. Avremmo voluto chiederlo direttamente all’interessato, prima che risalisse sul pullman che l’ha portato di nuovo via dalla sua città. Quella che si porta dentro in un pezzo di cuore e che rinnega nell’altro.
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